(05/04/2011) La Casa del sacro Cuore di Gesł " La Cittadella della Caritą " di Dora Donofrio Del Vecchio | ||
LA CASA DEL SACRO CUORE DI GESÙ “LA CITTADELLA DELLA CARITÀ” in Sant’Agata di Puglia –PRIMA PARTE di Dora Donofrio Del Vecchio Sant`Agata di Puglia è una località del Sub-Appennino Dauno, a 795 mt. di altitudine, ricca di tradizioni, di storia, di arte, favorita da un ambiente naturale tra i più suggestivi della Puglia per la ricchezza dei boschi ed il vasto panorama che domina. La comunità santagatese, laboriosa e tenacemente attaccata alla terra, ha conosciuto condizioni di precarietà e stati di bisogno: la mendicità, gli anziani soli, l`infanzia abbandonata, gli orfani hanno costituito grossi problemi sociali che, non affrontati e risolti adeguatamente a livello istituzionale, erano affidati nei limiti del possibile e per lo più in modo sporadico ed occasionale a slanci filantropici di cuori caritatevoli che qui, come altrove, non sono mai mancati. All`inizio del '900, alla descritta situazione socio-economica vanno ad aggiungersi i disagi conseguenti alla grande ondata di emigrazione verso le Americhe, che depaupera il paese e le famiglie di uomini e forze giovani con tutte le implicazioni di carattere affettivo e morale, che si traducono anche in stati di solitudine, abbandono e bisogno per tanti vecchi, minori e donne. A rendere più complessa la situazione concorrono le contingenze belliche. In questo periodo è parroco della Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo mons. Donato Pagano: sacerdote solerte, anima eletta, grande conoscitore del cuore umano, molto vicino al suo popolo e particolarmente sensibile agli stati di miseria e sofferenza. Lo colpisce, e non gli dà pace, soprattutto lo stato di abbandono di tanti vecchi, dopo una vita di stenti e di onorato lavoro. Egli capisce che il problema non può essere risolto con le prediche né con le mediazioni personali, ma in modo ben diverso. Ai piedi del Sacro Cuore di Gesù nella parrocchia di S. Michele, mentre prega, don Donato concepisce una «Casa» per i vecchi soli ed abbandonati: è il 1909. Ma come e dove realizzare l`Opera? Carico di entusiasmo e fermo nel proposito, don Donato comunica il suo programma ai paesani e chiede un progetto all`ing. Sgobbo. La negligenza di costui, lo scetticismo dei più, le preoccupazioni per la guerra, procrastinano il tutto. Passano nove anni. Si matura il progetto e si passa ai fatti. Come per volere di Dio, don Donato nel 1918 incontra l`arch. Beniamino Natola di Foggia che dal primo momento fa sua l`idea della Casa ed esegue il progetto per la sua realizzazione. Si espletano le debite pratiche con gli uffici competenti per l`approvazione del progetto e la cessione del suolo da parte del Comune di Sant`Agata di Puglia. Il 21 marzo 1918, il Consiglio comunale, sindaco don Francesco Barbato, approva la richiesta di mons. Pagano e cede gratuitamente, a voti unanimi, metri 50x50 di suolo «per costruire un asilo infantile e di mendicità», in località Spinelle, a Nord-Ovest del paese, dietro la Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo. Ma l`amore non basta ad innalzare i muri. Servono i soldi, e tanti. Vengono distribuite e spedite 5000 cartoline riproducenti il bozzetto del Natola con l`indicazione del titolo e delle istituzioni: Casa del Sacro Cuore di Gesù - Asilo infantile, ricovero dei vecchi, ospedale. Con esse si fa propaganda e si chiedono contributi. Apre l`elenco delle offerte quella di mons. Pagano di 500 lire, seguita da una di pari entità del maestro Domenico Rosati. Molti promettono ed approvano. Pochi rispondono concretamente. I malevoli dissuadono e calunniano. Ma il Cuore di Gesù, cui tutto è affidato, protegge e fa ottenere. I contributi più consistenti vengono dalle famiglie Barbato e Fredella, dal prof. Francesco De Carlo, dal Comune di Sant’Agata, dai santagatesi, da quelli residenti nelle varie città italiane e straniere, soprattutto dagli emigrati nelle Americhe. Il 30 novembre 1918 la prima picconata per lo scavo delle fondamenta: l`opera è avviata. I lavori sono affidati a capomastri, operai, artigiani d’indubbia maestria ed onestà, tra cui lacullo Mosè, Gennaro, Aronne e Gerardo, Fredella Donato e Carmelino, Di Giorgio Erasmo, Marchitelli Leonardo, Inneo Michele, Noviello Nicola, Turino Pasquale e Antonio, Mongiello Angelo, Locurcio Antonio e Lorenzo. In alcuni giorni lavorano oltre quaranta persone, tra muratori, fabbri, trasportatori di acqua, pietre, arena, mattoni, calce, legname. I lavori procedono spediti, pur non mancando difficoltà anche notevoli d’ordine materiale ed economico. In quel cantiere trovano lavoro e pane sicuro anche sfollati e molti reduci della Grande Guerra, i quali fanno propri gli ideali della Casa soffrendo e gioendo con il fondatore. Ai diffidenti risponde la realtà, che sa di miracolo. L`8 maggio 1919, in una splendida e azzurra giornata di festa per tutto il paese, con gran concorso di popolo, autorità e grazie celesti, avviene la benedizione e posa della prima pietra. Il testo della pergamena, dettata dal prof. Francesco De Carlo, scritto con tratti eleganti dal prof S. Goffredo, recita: «Sacro Cordi - Domini Nostri Iesu Christi - hospitium hoc - ab archipresbitero Donato Pagano - Cubiculario intimo S.S. adlecto - supra numerum dicatum est - vita gloriosa florebit - in ventura saecula - Anno Domini MCMXIX, die VIII mensis maji -Episcopus Bovinensis Hubertus Maria Fiodo - primo lapidi benedixit». Seguono 25 firme, la prima è del vescovo Fiodo, l`ultima di mons. Pagano. Scende l`astuccio contenente il documento nell`incavo della pietra e questa al posto predestinato, al suono festoso delle campane di tutte le chiese, allo sparo dei mortaretti, al suono della banda cittadina. L`accompagna con il cuore che scoppia di commozione don Donato, «la baciano le sue lacrime». Per far fronte alle sempre maggiori urgenze economiche, s’istituisce una commissione con lo scopo di reperire fondi. La costruzione cresce a vista d`occhio. Quando la facciata del primo piano è completata, Zanzonico Rocco prepara gli stipiti. Il Natola scolpisce i capitelli delle tre porte: due uccelli che beccano un fiore per una porta laterale, rose e viole per l`altra, gigli e trifogli per il portone centrale. Come tutti i grandi edifici chiamati a grandi destini, anche il nostro merita lo stemma da collocarsi sull`ingresso principale. E` sempre il Natola l`ideatore e l`esecutore: un cuore fiammante con croce e spine adagiato sulla scritta a rilievo «Charitas». Ai lati, sui capitelli, due statuette raffiguranti la Fede e la Speranza, le virtù che muovono le opere preclari. E` già pronta la scalinata del secondo piano e per procedere nei lavori bisogna appianare il ballatoio che fronteggia il portone centrale. Una grossa pietra (cm. 43x44; Kg. 150) oppone ostacolo e per estrarla occorrono braccia e attrezzi di undici operai. Vinta la resistenza, è nelle mani di Erasmo Di Giorgio, che si accinge a frantumarla per ricavarne pezzi da murare. Ai ripetuti colpi del martello, la pietra si apre in senso orizzontale e mostra - mirabile ancora oggi a dirsi e a vedersi! - un nucleo centrale a forma di cuore. «Un cuore azzurrognolo (alt. cm. 17, larg. cm. 16) di linea perfetta, solcato da venature nere che convergono sulla sommità». Sono le ore 16,00 del 13 settembre 1922. I presenti rimangono con il fiato sospeso. Il Cuore è lì in un angolo, alla vista di tutti, credenti, scettici, curiosi, autorità. «I fatti confermano che la Casa l`aveva voluta il Sacro Cuore in quella località e che la pietra diceva: qui vi è il dito di Dio», dice a proposito don Donato. Don Remigio Cela, dottore in scienze naturali, ne stende una relazione tecnica. Qualcuno grida al prodigio, i malevoli ad un`altra trovata di don Donato per fare soldi. Ma la Casa, senza soste e senza indugi, va acquistando sempre più la sua fisionomia e si concretizza. Don Donato pensa già a chi affidarla. Saranno le suore Apostole Zelatrici del Sacro Cuore (quanta convergenza di devozione al Sacro Cuore anche nei titoli) ad averne cura. continua… | ||