(06/11/2021) NOVANT'ANNI DI ACQUEDOTTO di Dora Donofrio Del Vecchio | ||
Novant’anni or sono, l’11 novembre 1931, s’inaugurava l’acquedotto a Sant’Agata di Puglia L’annosa questione dell’acquedotto a Sant’Agata di Puglia nacque nel 1886, anno in cui il Regio Decreto del Ministero dei lavori pubblici del 14 aprile dava disposizioni per l’approvvigionamento idrico della regione pugliese. Grande sostenitore del progetto fu l’ingegnere Matteo Renato Imbriani. Così nel 1915 arrivò l’acqua a Bari e in molti paesi della provincia; nel 1916 a Taranto, nel 1918 a Brindisi, nel 1924 a Foggia, nel 1927 a Lecce. Sindaco di Sant’Agata nel febbraio 1886 era Francesco Paolo Barbato il quale affidò all’ingegnere Melisurgo l’incarico di redigere il progetto per la realizzazione dell’acquedotto che doveva portare l’acqua potabile a Sant’Agata dalla sorgente dell’Acquatorta di Accadia. Nel 1895 si affidò l’incarico di un nuovo progetto all’ing. Bernard Petot della “Compagnie napolitaine des conduites d’eau”. Ma i contrasti erano molti. Si opponevano il Comune di Accadia e molti cittadini santagatesi che temevano l’esproprio di terra per far passare la conduttura. Si costituì un gruppo di oppositori capeggiato da don Lorenzo Agnelli, l’autore della Cronaca di Sant’Agata di Puglia, il quale a sostegno del movimento di opposizione pubblicò 1895 (era sindaco Samuele Locurcio) il volumetto intitolato Santagata di Puglia 1895 (Galli, Milano 1885). L’autore lo definisce “un opuscolo di occasione” e così spiega i motivi del dissenso:Salito al potere sindacale l’ex capitano di fanteria Samuele Locurcio, risvegliossi un acre desiderio di un aquilotto, menare l’Acqua Torta in paese. Diversi non pochi biechi disegni si erano fatti per ridurre alla miseria il paese, già striminziti per tasse, grandine, per la peronospera. La maggioranza municipale era di operai ignoranti, nullatenenti, venduti. Gli onesti e i proprietari si unirono per combattere questa criminosa pazzia. Il luogo delle riunioni per lo più era casa mia. Ci tassammo ripetutamente e i meno che diedero furono i più ricchi. Scrissi allora l’accennato opuscolo e lo feci stampare a Milano. Dispensato non solo in paese, ma alle autorità provinciali, ai Consiglieri della Giunta amministrativa, alle persone più autorevoli della Provincia preparò l’opinione a far rigettare l’insano disegno. Posso benedire le fatiche e le L. 100 per la stampa.Le vere urgenze, secondo l’Agnelli e il gruppo da lui capeggiato, erano strade agevoli e comode per i poveri contadini stremati dalle mulattiere impervie, asili per i bambini da sottrarre alla strada e ai disagi della campagna, costretti a seguire i genitori nella fatica quotidiana, opifici per consentire alla donna un lavoro meno faticoso di quello della zappa. Nel 1911 con la legge del 29 giugno si concedevano mutui agevolati ai Comuni per realizzare le condutture idriche. L’amministrazione comunale santagatese diede all’ing. Giulio Melisurgo nel 1919 l’incarico di aggiornare il progetto di Petot e trattare l’acquisto della sorgente dell’Acquatorta con il Comune di Accadia, che in cambio chiedeva di estendere i propri confini fin sotto al cimitero di Sant’Agata. Condizioni respinte. Passarono molti altri anni per la realizzazione dell’acquedotto. Molte le vertenze giudiziarie fra il Comune di Accadia e quello di Sant’Agata e ancora tante le opposizioni da parte di cittadini santagatesi. Fu con il decreto del Ministero dei lavori pubblici del 7 maggio 1929 che il Comune di Sant’Agata ottenne la concessione della sorgente grazie all’interessamento del santagatese senatore Francesco Giuseppe Danza. Era podestà l’avvocato Donato Barbato. L’acquedotto fu realizzato secondo il progetto Petot. Così l’11 novembre 1931 il primo zampillo d’acqua potabile si levò verso il cielo nella piazza del paese e si festeggiò l’inaugurazione della fontana nuova detta di S. Giovanni perché in quel luogo era un’antica abazia dedicata a S. Giovanni. Alla festa erano presenti il prefetto di Foggia, avv. Leone Leone, le massime autorità fasciste della provincia, quelle locali e i podestà di Accadia, Monteleone, Deliceto, Ascoli. Il preside della provincia De Meo intervenne in rappresentanza dell’on. Gaetano Postiglione, presidente dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese che aveva aggiornato il progetto. Quando il prefetto tagliò il nastro e stappò la bottiglia di champagne un maestoso getto d’acqua si levò fino al cielo tra spari di fuochi pirotecnici e al suono della banda cittadina. La folla era in delirio di fronte al primo zampillo dell’acquedotto. Era podestà il geometra Samuele Danza. Intervenne il clero e mons. Donato Pagano benedisse la Fontana nuova o di S. Giovanni. L’acqua in paese risolveva tanti problemi d’igiene e di salute e sollevava da fatiche uomini e donne costretti all’approvigionamento idrico dai pozzi nelle campagne o da fontane lontane dal paese. Fontane e riserve idriche erano sparse in tutto il territorio santagatese, da Palino a S. Carlo e, comunque lontane dl paese: Fontana a Gizzoli, Fontana a Serro Giordano, Fontana al Piano delle vigne, Fontana del fico, del Regio tratturo, della Taverna della storta, di Borgineto, Fontana del Gelso, in contrada presso Olivola, Fontana romana, dell’Accinta, Fontana di Civeccola, Fontana di Contra, Fontana di Mallara, Fontana di Schiavone, Fontana dietro al Monte, detta di Tumme-Tumme, Fontana la Donna, Fontana sotto le Murge, Fontana vecchia, Fontana a Serro Giordano, Fontana dei cacciatori presso Serbaroli, Fontana del salaco, Pisciolo di Sand’Anduone, Pisciolo sotto al Monte, Pozzo di S. Carlo, di Laudisi; la piscina di Palino, la “pelerra re lu Monde”, “Vetecone”, la “jumera” (torrente Frugno), la “jumarerra” (torrente Speca). Solo in alcuni palazzi del Centro storico era la cisterna per la raccolta delle acque piovane. L’acquedotto fu un aiuto soprattutto per le donne, costrette a trasportare l’acqua con barili e andare a lavare la biancheria nei fiumi o alle fontane. E chi non poteva andare alla fontana era costretto a compare l’acqua a barile dagli acquaioli. Ogni barile (circa 34 litri) costava in media 1 lira e venti-trenta centesimi. Tutti i disagi e l’urgenza di avere l’acqua potabile sono evidenziati in una canzonetta popolare riportata in appendice a questo scritto.Subito si avviarono i lavori per la rete interna al paese. Furono costruiti due serbatoi di riserva (erano necessari per il notevole dislivello fra la quota più bassa e quella più alta che poteva causare lo scoppio di tubazioni – Sant’Agata è a circa 800 metri di altitudine) e la rete interna (deliberazione comunale n. 27 del 14 febbraio 1931). Così il 3 ottobre 1934 l’acqua arrivò nelle case. Le prime ad usufruirne furono quelle del rione di S. Andrea e S. Angelo. S’impiantarono fontanini nelle strade per comodità della popolazione e per chi non aveva “l’acqua in casa”. Erano ritti, di bronzo, con un coperchio in cima, con il rubinetto che versava acqua in una piccola coppa su cui poggiavano i barili, i secchi, le anfore coloro che andavano ad attingere acqua. Il fontanino era allocato su un fondo di pietra che intorno aveva un cordolo per evitare che l’acqua traboccasse. Per attingere bisognava rispettare un turno, “la veceta”, e molte volte l’attesa era lunga. Spesso si accendevano discussioni per il diritto di precedenza che sfociavano in vere e proprie liti. Il fontanino costituì un punto d’incontro per scambiare alla buona quattro chiacchiere durante l’attesa. Poi l’acqua arrivò pian piano nelle case, e con il tempo il fontanino perse quel ruolo fondamentale che aveva avuto nell’approvigionamento idrico delle famiglie. Uno alla volta furono eliminati, e fu cancellato anche il fondo di pietra su cui poggiavano. Si costruì anche una fontana al Monte della Croce, disegnata dal geometra Antonio Rampino e realizzata da Nicola Zanzonico per una spesa di lire 6979,04 più lire 1191 per la perizia suppletiva. Per poter ammettere al pascolo nel bosco Coste e Lavanghe un buon numero di capi bovini, si costruì un abbeveratoio nei pressi del Casone edificato durante il podestariato di Barbato. L’abbeveratoio fece incrementare le richieste di pascolo a tutto vantaggio delle entrate comunali. L’acquedotto, come già detto, si realizzò grazie all’interessamento del senatore Giuseppe Francesco Danza, che riuscì ad ottenere la concessione della sorgente dell’Acquatorta, e anche dell’on. Locurcio. Direttore tecnico della ditta assuntrice dei lavori, che fu quella di Ascanio Barbato, fu il geometra Luigi Leo, che ottenne l’alta onorificenza di cavaliere della Corona d’Italia, comunicatagli dal ministro dei lavori pubblici Araldo Di Crollalanza. I lavori furono eseguiti con l’alta competenza dell’Acquedotto pugliese.Si costruì anche la fognatura. Prima si gettava tutto nelle strade, nelle cloache o agli immondezzai che si trovavano nelle immediate vicinanze del paese, sotto al castello, alla Porta Sant’Angelo, a S. Rocco, presso il Piano di S. Carlo, al Ponte dell’Annunziata. La prima rete fognaria partì dal rione di S. Andrea. (Le foto sono d’epoca).La fundena E quanne menarrìja questa fundenaFacime festa tutte lu paeseA lu sineche l’amma scì a ddè la menaNu mborta ca se ne vanne tanda speseOje vola, vola, volaOje, mèna, mèna, mènaVulìme la fundenaCche ne vène vèneE ssò li pisce a mmere e ssonne aumendeteChe hanne l’acqua freska e ssapuritaA lu Segnore hanna rengrazzièneCa mangene e vvivene e vvanne sembe pulite.Oje, vola, vola, volaecc.E nuje ca ne laveme tre vvolde a l’anneNatele, miezz’auste e SangiuuannePo’ n’amma putè lavè tre vvolde lu juorneLa matina, sera e mmiezzejuorneOje, vola, vola, vola ecc.E quande furene fesse l’accreìseN’anne avuta rene l’acqua senza li turniseMa prima cu nu hrande core tuosteNe la refiutarene a scambie cu re ccoste.Oje, vola, vola, volaecc. Però nu n’amma mèje scurdè pe ccrijanzaRe esse sembe hrète a lu senatore DanzaPecchè a lu huverne cu li suje appoggeFacìje cangè Accrìja ra Avelline a Foggia.Oje, vola, vola, volaecc.La fontana. E quando verrà questa fontana/tutto il paese farà festa/andremo a dare la mano al sindaco/non importa se ci saranno molte spese. (ritornello): Dai, vola, vola, vola,/dai, lascia stare,/vogliamo la fontana/a qualunque costo. Anche i pesci a mare sono diventati più numerosi/perché mangiano e bevono e vanno sempre puliti. Dai, vola, vola, vola… /E noi che possiamo lavarci tre volte l’anno/a Natale, a ferragosto, a S. Giovanni, con la fontana (con l’acqua che verrà) potremo lavarci tre volte al giorno/la mattina, la sera ed a mezzogiorno. Dai, vola, vola, vola…E quanto furono stupidi gli accadiesi/hanno dovuto darci l’acqua senza tornesi/ma prima con gran cattiveria/ce la rifiutarono in cambio delle Coste. Dai, vola, vola, vola…Però non dobbiamo mai dimenticare di essere sempre grati al senatore Danza/perché al governo con le sue conoscenze riuscì a fare passare Accadia dalla provincia di Avellino a quella di Foggia. Dai, vola, vola, vola… | ||