(25/11/2020)
PENSIERI ED AFFETTI PER LA DONNA IN DUE SCRITTORI SANTAGATESI : GINO MARCHITELLI E LORENZO AGNELLI


di Dora Donofrio Del Vecchio



Dalla raccolta di poesie  e ije torne di G. Marchitelli (Sant’Agata di Puglia, 1973)
questa stupenda lirica dedicata alla madre 
Re mmène toje
Re mmène toje, mamma, quére mmène
Che pe la prima volda s’appusciàrene
Spussète
Sopa a re ccarne mije,
quere mmène
che m’hanne accarezzète
che m’hanne arravugliète
che m’hanne cunnelète,
quere mmène
che m’hanne accumbagnète
che m’hanne salutète
che m’hanne beneritte
che m’hanne scritte tante e tanda volde
che m’hanne cunfurtète
ch’hanne assuchète làhrene e serore;
re mmène toje, mamma, che chiuriérne
l’uocchie r’Andeniucce e che scettarne
nu pùneje re terra,
lu core tuje restrutte
sop’a quire taùte c’ascennéva,
re mmène, quere mmène che strengiérne
re mmène mìje quanne quera notte
chiangiémme nzieme chi n’aveva rète
tutte lu core suje, fatehanne
na vita sèna pe la chesa nostra,
re mmène toje, mamma,
re mmène toje chiéne re fatihe
ch’ije chiangènne t’agge accarezzète
nunn’hanne strette chiù re mmène mije
nun m’hanne ritte
quere che tu a parole nu recive,
e quante agge sendute
ca n’alde munne attuorne me caréva,
quanne affucanne ije t’agge chiamète
e quere mmène fredde agge vasète,
m’eja sembrète
ca quera crona angora se muvesse
ca tu prehasse angora e che recisse
cu n’uldeme respire:
“Te raccumanne figlieme, Signore”.
  
Dalla  Filosofia delle letterature di L. Agnelli (Mariano Lombardi, Napoli 1865): 
“…i fiori sono ordinati alla terra, l’acqua al calore, la farfalla al lume, la donna all’uomo. Ho pronunziato un nome carissimo, qualche volta fatale all’uomo, la donna….Un nome indissolubilmente associato alle gioie, ed alle sventure, alle speranze ed al destino dell’uomo. Le fasi della società, i monumenti, le grandi, come le riprovevoli azioni, stanno attaccate al carro, su cui quest’essere simpatico è tirato e circondato di tutte quelle passioni, che trascinano l’uomo traverso la strada dei secoli e delle generazioni. Pare che la donna occupi quel punto più luminoso sull’orizzonte e più interessante per l’uomo”. 
“La donna salita all’amore luminoso, i cui raggi presero riflesso per ogn’intorno: la gloria, la castità, l’innocenza, la verginità, la giovinezza, la bellezza, l’onore, l’onestà, la scienza, la poesia, le arti s’incontrarono in essa”. 
“L’oblio de’ mali deriva dalla bellezza…la bellezza della donna compensa i travagli dell’uomo…la donna con la bellezza rimette l’equilibrio tra le dissonanze de’ piaceri e de’ dolori…la vita dell’uomo diverrebbe una perenna apatia, se la donna non la compensasse con quelle gioie ineffabili ed arcane, di cui essa sola conosce il secreto, perché principalmente emana dalla vereconda anima sua”. 
“Dovremo vedere la donna in ordine all’economia domestica, con la quale ben si può ricordare quel proverbio “L’uomo fa la casa, la donna la conserva.” L’economia domestica dipende da mille scienze cui solo può abbadare la donna. Ella vive col pensiero della famiglia: ma mettetela nel pubblico la donna, e l’avrete esposta alla seduzione, agli alterchi, ed anche agli insulti. Quando ritornerà nella casa, si troverà senza il cuore, che avrà lasciato altrove: al marito non resterà che uno sguardo dissipato, una bocca senza affetto, un cuore senza palpiti”.
 “L’armonia della società scende dall’armonia della famiglia, che è il tipo di quella; l’equilibrio della famiglia sorge dall’equilibrio della donna con l’uomo, equilibrio che nasce dall’eguaglianza dell’amore con la luce, dell’affetto con l’intelligenza, de’ diritti con i doveri”.
  “Quest’essere, che vede ed ama, che ha intelligenza e cuore, è l’uomo, che pellegrino, ma non solitario, né smarrito…stringe per la mano la sua compagna…L’uomo e la donna si compensano e si equilibrano in ciò che si appella umanità la quale unizza la luce e l’amore, la intelligenza ed il cuor”. 
“Delle donne diconsi molte cose, ed a seconda il genio, ora la incensano come una divinità, ed ora la umiliano sì, che abietta e vilissima e temibile cosa appare. La incostanza, la volubilità negli affetti, la leggerezza nella mente, la potenza formidabile delle sue lusinghe e carezze la fanno temere come un mistero, o meglio come l’assurdo e la contraddizione della vita umana. A me non sorprende, che spesso la donna se non è un mistero, si mostra una inconcludenza, poiché noi altri uomini sovente consideriamo le cose e gli esseri non per quello che veramente sono, ma in paragone del nostro genio, delle tendenze e del carattere nostro. Così un’artista amerebbe una donna, che alla di lui arte presentasse corrispondenza e con il tono della voce o con la venustà delle forme, o con la vivacità dell’ingegno. Un filosofo l’amerebbe riflessiva, taciturna, impassibile: l’uomo della politica la vorrebbe attiva, intrigante; il mercatante, massaia, accorta, negletta nel vestimento; il contadino, laboriosa, poco attraente, robusta. Ma che da ciò? Dico che la donna prende tante forme e caratteri per quanto sono le tendenze, i capricci, con i quali l’uomo governa il suo criterio. Del resto convengo anche io, che la donna è un gran mistero; poiché essa ben può dirsi, che è una passione personificata, vestita di gonna e gamurrino. Che cosa è una passione? E’ un trasporto, è un capriccio: il trasporto cangia col cangiar dell’oggetto, che lo avvince; il capriccio si muta col variare continuo dei nostri bisogni, con il trasformarsi dei nostri umori, in breve colla instabilità del nostro povero cuore. Restiamo fermi che la donna è una passione e forse molte cose spiegheremo. Ove la donna è meno siepata di gelosia, di intoppi, di ingiuste cautele, essa accontenta la libera azione della vita, e passando di occupazioni in occupazioni, di pensieri in pensieri, di cose in cose, divide la sua passione e perciò meno appare. Per converso, se la chiudi, la imbavagli, l’affreni tu oltraggiandola la spingi ove non dovrebbe, e la perverti o la consumi in qualsiasi velleità che prende le forme di una cosa seria”.
 “Ma i pericoli all’interezza dei costumi non mancano dove la donna si mostra con propizi doni di natura, e con una certa inclinazione a lussureggiare” .
 Dora Donofrio Del Vecchio
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