Il 5 febbraio ed il 15 agosto, Sant’Agata di Puglia celebra una festa in onore di S. Agata, la vergine di Catania che subì il martirio sotto la persecuzione di Decio (252 d.C.) ed il supplizio dell’estirpazione delle mammelle con tenaglie, per volere di Quinziano, governatore della Sicilia.
Festa delle donne ed a gestione femminile può definirsi quella del 5 febbraio. Si ritrovano, infatti, le devote senza distinzione di ceto e di età, per onorare S. Agata, patrona del paese, ma prima di tutto loro particolare protettrice, dedicandoLe un culto che per alcuni aspetti richiama quello antichissimo e celebre della Magna Mater, proprio delle genti mediterranee.
Per secoli, fino all’inizio dell’800, la festa si svolse nel castello, nella cappella dedicata a S. Agata, a spese del marchese Loffredo. Questi, per la circostanza particolarmente munifico verso il clero secolare e regolare ed i poveri, consentiva al popolo l’accesso per rendere devozione alla Santa. Da quando, nel 1813, fece dono della statua alla chiesa matrice di S. Nicola, gli oneri della festività passarono al popolo, che la celebrò a febbraio con la massima solennità: novena, mattutino (messa alle quattro del mattino), messa solenne, panegirico, processione, vespri, banda e fuochi pirotecnici. Sindaco e consiglieri comunali venivano prelevati a suon di tamburo dalla sede municipale ed accompagnati nella chiesa-madre per assistere col popolo alla messa solenne. Le donne, già dal mattutino, nonostante i rigori del tempo, recavano ciascuna una candela alla Santa. In capaci canestri di vimini, con cura foderati di candide e preziose tovaglie, portavano “re mménne re sand’Aheta” (“minuzzi” a Catania), piccoli pani a forma di seno. Una tacita emulazione le impegnava a dare la forma più graziosa possibile ai pani, spesso piccoli capolavori di arte. Da tenera età ne avevano appreso le modalità di preparazione, che animava case e forni nei giorni precedenti la festa. I canestri venivano deposti ai piedi della Santa, la cui statua, solennemente addobbata ed illuminata, era collocata presso l’altare maggiore. Il rito della benedizione seguiva la celebrazione della S. Messa. Benedetti, i pani erano distribuiti e consumati con gran devozione, dopo aver recitato una preghiera. Se ne conservava sempre qualcuno in casa e per chi era lontano. S. Agata protegge tutte le donne dalle malattie del seno e dà latte abbondante alle nutrici.
Qualcosa di intimo e specificatamente femminile esalta la sacralità di questa festa che, come nella tradizione greco-orientale, dà ampio spazio al ruolo della donna e traduce in termini simbolici il culto per la fecondità.
Un’altra festa si dedica a S. Agata, associata a S. Rocco e S. Lorenzo, il 15 agosto. E’ la grande festa dell’estate che vede riuniti popolo, autorità civili e religiose, emigranti ritornati dai luoghi di lavoro.
Il Comune di Sant’Agata ha sempre tenuto in grande considerazione la Santa patrona, la cui immagine era nel timbro comunale fino alla metà dell’800 ed è nello stemma e nel gonfalone cittadino. Una devozione, quella per S. Agata, nella quale emerge la valenza di certe domande sociali che prevedono un ruolo ed una valorizzazione della donna ed esprimono l’eterno ed inesauribile bisogno della presenza femminile, certezza di continuità della vita, sorgente alimentatrice della vita stessa.
Per dare degni onori alla Santa numerose santagatesi hanno costituito un Comitato.
Dora Donofrio Del Vecchio