08/01/2022
RICORDANDO NARDINO
di Mario De Capraris
Nardino l’ho conosciuto pochi anni fa, nel 2009. E non ci saremmo mai conosciuti se non fosse stato per un fatto: mi ero accorto di quanto la memoria dei posteri fosse labile. A questo punto uno si chiederà: che c’entra Nardino con la memoria dei posteri? Mi spiego. La cosa riguarda mio zio Peppino, di cui ho già ampiamente parlato in altre occasioni, morto nella guerra del 15/18: nelle mie sporadiche capatine al paese mi ero reso conto che ciò che zio temeva negli ultimi giorni della sua vita – di essere dimenticato – si stava puntualmente verificando, a cominciare dal suo ritratto e la sua sciabola, appesi al muro della ex scuola elementare di fianco alla chiesa delle Grazie, spariti perché il fabbricato era stato trasformato in albergo, per finire alla scritta “Piazzale Giuseppe De Capraris” sulla piazzetta a lui dedicata (sotto La Portanova) parzialmente coperta da un tubo di scarico, oppure ancora al fatto che nessuno conoscesse nemmeno di nome chi fosse quel giovane di 25 anni morto per la patria. Così quando casualmente seppi che c’era un sito “Santagatesi nel mondo” pensai che forse avevo trovato il posto giusto per rinverdire la memoria di mio zio possibilmente per mezzo di un video. Perciò un giorno mi apprestai a bussare alla porta del signor Capano. Mentre salivo le scale pensavo che dovevo prepararmi a un possibile rifiuto. Quale interesse poteva suscitare nei compaesani sparsi nel mondo sapere di uno fra i tanti che erano morti in una guerra di cento anni prima? Io non sapevo chi aveva raccolto l’invocazione fatta da Giuseppe prima di morire nell’ospedaletto da campo vicino all’inferno carsico del Monte San Michele “Non dimenticatemi” ed ero deciso a soddisfare quell’ultimo desiderio, ma sarei stato aiutato da una persona che mi apprestavo appena allora a conoscere? Questi ed altri pensieri mi accompagnarono fino a che bussai alla porta. Ma quando si affacciò Nardino col viso sorridente e gioviale come se ci fossimo sempre conosciuti ebbi la certezza che mi avrebbe accontentato. Intanto ecco che, entrato in casa – siccome entrare in qualsiasi casa di Sant’Agata è come entrare in quella che una volta era casa mia, in via Madonna delle Grazie – ecco che, il cuore gonfio di commozione, mi sentii come se finalmente fossi tornato in famiglia. E mentre l’amico andava parlando in dialetto – il bellissimo adorato dialetto – prendemmo accordi per girare il filmato. (Sarei tornato altre volte negli anni ad incontrare Nardino mentre lo trovavo indaffarato al computer e intanto lasciava che curiosassi divertito sugli oggetti del suo studio, oggetti vintage di cui aveva sempre qualcosa da raccontarmi. Com’era bello ritrovarsi ogni tanto. E’ straordinario come basta essere dello stesso paese e parlare lo stesso dialetto perché l’amicizia più semplice possa trasformarsi in una grande compagnia.) Quel giorno prima che mi congedassi Nardino mi invitò a scrivere qualcosa su “Santagatesi nel Mondo”. Al che dissi:“Ma non saprei cosa scrivere”. E lui: “Invece, se ci pensi, troverai abbastanza da raccontare” come se conoscesse i suoi polli e aveva capito che, come tanti, non vedevo l’ora di condividere con i compaesani i ricordi d’infanzia, di parlare degli usi e costumi di una volta, la partenza dal paese, la lontananza, il ritorno, parlare dei poeti santagatesi che più degli altri hanno sentito il legame con la propria terra.Altrettanta disponibilità l’avrei ricevuta anche da Samantha Berardino che col suo prezioso intervento avrebbe reso possibile la realizzazione del video. Per sopraggiunti motivi personali avrei rimandato le riprese per alcuni mesi, l’estate era finita e c’era il timore che sarebbe stato difficile filmare con il cambiamento delle condizioni climatiche. Ma ad ottobre si procedette. Dei nuvoloni neri minacciavano di far saltare la bella giornata che poi risultò l’ultima con il tempo bello. Il sole ogni tanto ricompariva e il filmato assunse una luce particolare, specialmente quando andammo a riprendere sotto il Monte della Croce. Tempo dopo mi sarei ricreduto sul fatto che mio zio Giuseppe tendeva ad essere dimenticato. Mi successe un fatto curioso: un giorno dei primi di novembre a Sant’Agata stavo venendo giù dal Castello e arrivavo alla piazza dove nel frattempo stavano celebrando una funzione religiosa. C’era la banda, una piccola folla radunata, quando a un certo punto sento qualcosa per cui stento a credere alle mie orecchie: dalla folla sento una voce che dice: “Capitano Giuseppe De Capraris”. E un coro rispose “Presente”. Si stava celebrando una messa per i caduti delle guerre e ne stavano declamando i nomi. Dunque mio zio non era stato dimenticato. Nessuno era stato dimenticato. Era una scena commovente. Avevo dubitato dei miei compaesani e invece eccome se si ricordavano di Giuseppe. Quel giorno sentii un affetto per tutti quelli che erano ad assistere e rispondevano “Presente”.