Antonio Bergantino
(Sant’Agata di Puglia1917- Roma 2015)
Nacque a Sant’Agata di Puglia nel 1917. Dopo aver conseguito la licenza di scuola elementare, per imparare un mestiere frequentò la bottega di fabbro del cognato, marito della sorella Peppina. Passò poi alla bottega di Montrone, ma poiché non percepiva alcun compenso economico, per necessità scelse di fare il muratore a giornata.
Nel 1936, dietro incoraggiamento di Giuseppe Fredella, partecipò, contro la volontà della madre, ad un concorso di arruolamento volontario nell’esercito. Ebbe l’avviso di presentarsi il 25 novembre del 1937al III Reggimento Genio di Pavia. Qui frequentò un corso di due anni facendo parte della “I Compagnia di allievi volontari specializzati”.
Superato il corso, fu inquadrato come sergente. Dopo tre mesi ebbe la licenza per andare a Sant’Agata ed era felice di poter riabbracciare la madre, rimasta vedova nel 1937 (il padre mai recuperò la salute compromessa dalla partecipazione alla I Guerra mondiale). Passò a salutare la sorella Franceschina, novizia nell’Istituto S. Marta di Chiavari (si chiamerà suor Giuliana) ma non poté proseguire il viaggio per Sant’Agata: il I settembre 1939 scoppiò la II Guerra mondiale, furono sospese le licenze, e lui dovette rientrare alla base. Il 19 settembre fu assegnato alla 24 compagnia Artieri del Genio Autonomi appartenente alla III Compagnia del Corpo d’armata addetta a effettuare lavori di collegamento telefonico e strade nei punti strategici delle retrovie vicine al confine.
Durante le prime operazioni di guerra la sua compagnia si spinse fino a Tolone, oltre la frontiera francese. Dopo qualche giorno parte di quella Compagnia rientrò in Italia per essere destinata all’Africa Settentrionale (Libia). Antonio rientrò a Pavia e passò in forza alla VI Compagnia Idrici destinata alla Libia. Il 5 settembre 1940 con la sua truppa partì da Napoli, il 9 sbarcò a Bengasi (Cirenaica). L’indomani la compagnia proseguì il viaggio verso Bardia. Per curare la manutenzione di alcuni pozzi d’acqua necessaria per il rifornimento alle truppe, fu incaricato dal comandante di rimanere a Bardia con 10 soldati. Una zona particolarmente a rischio perché i nemici miravano a distruggere i pozzi per far mancare l’acqua. Un giorno un sottufficiale della Compagnia Genio Lavoratori gli comunicò di avere tra i suoi soldati un Bergantino: era suo fratello. Si riabbracciarono con grande commozione e il sottufficiale permise al fratello di andare a far rifornimento di acqua ogni volta che era necessario, per consentire di incontrarsi. Ma gli inglesi nel novembre del 1940 scatenarono una grande offensiva mettendo in crisi le truppe italiane che furono costrette ad arrendersi per fame, il 4 gennaio 1941, non avendo scorte di cibo né di medicinali. Vi erano molti feriti e mancava un luogo di cura.Fatti tutti prigionieri dagli inglesi, a piedi gli italiani raggiunsero “Massa Matruk”. La sete ed i pidocchi tormentavano tutti. Il giorno successivo tramite barconi i prigionieri furono portati ad Alessandria d’Egitto e di qui, con un treno merci, alla città del Cairo, successivamente nella città di Heluwan, verso il canale di Suez. Intanto arrivarono forze italo-tedesche a contrastare le operazioni degli inglesi. Tutti i prigionieri furono portati nei campi di concentramento di Pretoria e Johannesburg in Africa meridionale, nell’area delle miniere del Transvaal. Le condizioni igieniche molto precarie scatenarono una malattia infettiva detta “mebba”. Ne fu colpito un santagatese di cognome Malamisura che morì.
Nel giugno del 1942 i prigionieri furono trasferiti a in Inghilterra nel campo di concentramento di Aschford poco distante da Londra. Ad Antonio fu affidato l’incarico di mantenere l’ordine e la disciplina di un gruppo di prigionieri, in cui era anche suo fratello. In qualità di capo-prigionieri ebbe molta considerazione dagli inglesi. Un colonnello inglese che prese a stimarlo un giorno gli chiese di seguirlo nel suo ufficio. Qui Antonio notò la fotografia di una bella ragazza, la figlia del colonnello. La riprodusse a carboncino e la riproduzione riuscì tanto bene da stupire il colonnello, che volle condurlo con sé a casa per presentarlo alla moglie ed alla figlia.
Intanto la guerra volgeva drammaticamente per l’Italia. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 si apriva per gli italiani un triste capitolo di storia. Finalmente il 25 aprile del 1945 si dichiarò la fine della guerra e dopo qualche mese iniziò il rimpatrio dei prigionieri. Antonio rientrò in Italia nel 1947.
Dal 1950 al 1970 prestò servizio presso la Scuola Genio Pionieri Cecchignola e in seguito presso l’ispettorato dell’Arma del Genio. Ebbe la qualifica di “Aiutante” riservata al grado di Maresciallo maggiore e nel febbraio del 1973 l’onorificenza di cavaliere della Repubblica in merito al servizio. Fu collocato a riposo il 23 febbraio 1979, a 62 anni.
Finalmente libero dal servizio, si dedicò a tempo pieno alla pitturala sua grande passione. Ha dipinto e disegnato numerosi quadri a tempera, a carboncino, a olio, a pastello e grafica.
Antonio Bergantino lascia segni profondi nella cultura artistica e nella storia del suo paese, ove ogni anno veniva a trascorrere le vacanze e di cui ha descritto con straordinaria sensibilità artistica chiese, palazzi, portali, scene di vita campestre, luoghi, strade, persone. Immagini vive e di straordinaria intensità descrittiva che recuperano memorie, tradizioni, affetti, che “documentano” e raccontano, che suggeriscono suggestioni e palesano l’amore costante dell’artista e dell’uomo per il paese che gli ha dato i natali.
(Da A. Bergantino, La mia vita)
Dora Donofrio Del Vecchio