Exsultemus è l'esclamazione ripetuta tante volte durante il favorevole corso dei lavori nella « Casa del Sacro Cuore di Gesù », fin dalla posa della prima pietra, 1'8 maggio 1919, ripetuta cinque anni dopo 1'8 maggio 1924 a lavori ultimati e poi, sempre 1'8 maggio nella ricorrenza del primo decennale, il 1934, con la inaugurazione della tipografia.
L'esultanza si rinnova pochi mesi fa con la presenza di S. E. l'Arcivescovo Mons. Salvatore De Giorgi che il 3 ottobre 1981 alle ore 15 benedice la Cappella e i locali adibiti ad asilo e, dopo otto giorni, con la visita di Sua Eminenza il Cardinale Giuseppe Caprio.
Il « Mendìco », che predilegeva i fatti alle parole, non disdegnava di celebrare con solennità le grandi ricorrenze, convinto di propiziare così il soccorso divino per l'attività da svolgere e sembrava aleggiare in quei momenti sulla contrada «Spinelle », tanto cara alla sua infanzia alla fine del secolo scorso e sull'immensa folla assiepata davanti alla Cappelletta suggestiva, decorosa, fatta per favorire la meditazione. il raccoglimento, la preghiera. Si rinnova la gioia di chi, adesso anziano, aveva assistito da giovinetto alle manifestazioni organizzate durante la celebrazione di importanti avvenimenti e la contentezza allora di noi ragazzi, Peppino Leo, Luigino Sanità, Romolo Cela e Peppino Pagano, entrambi questi due, fieri del loro zi-zì, era completa, perché ognuno di noi poteva svolgere con precisione i vari compiti di propria competenza.
L'atmosfera di quei tempi si ripete anche se con animo diverso: i fanciulli sono ammirevoli per il loro interessamento alle cerimonie che vengono organizzate perché abituati ad ascoltare i genitori, i parenti e gli amici sulle fasi della costruzione del] 'imponente edificio e sull'opera svolta dal Fondatore, don Donato. Il tempo scorre veloce ed imprime i suoi segni sulle persone e sulle cose.
Passati cinquant'anni circa, i lavori di restauro alla « Casa» diventano necessari: ne do notizia su « Raggi di Carità », numero quattro dell'ottobre 1975, dopo un lungo colloquio con il Presidente del Consiglio di amministrazione, geom. Michele Perrone, che, esperto costruttore, naturalmente portato a stabilire, da psicologo, utili relazioni sociali, pur non sottovalutando gli ostacoli, con alto senso di responsabilità, asserì di poter realizzare, per quanto arduo, l'intero programma.
La perplessità era giusta: solo i superficiali non prendono in esame tutti gli inconvenienti da prevenire e da superare. La titubanza venne vinta, anche per l'illimitata fiducia nella lealtà e competenza dell'arch. Gino Marchitelli, il direttore dei lavori da lui stesso progettati.
Ed ecco in poco tempo la struttura del nuovo edificio che conserva nell'insieme l'aspetto originario; si utilizzano tutti gli spazi disponibili e dal cortile, ard'inentosa e intonata, s'innalza una costruzione come sgorgante dal centro del vecchio palazzo che la contiene in maniera armonica e in cima, a coronamento, l'imponente statua del Redentore nell'atto di proteggere con un ampio amplesso il paese e la circostante campagna.
I rosoni, le finestre a forma d'ogiva, bìfore al piano inferiore e monòfore al superiore, la consolidata facciata, l'ampio viale, l'immensa terrazza, le varie stanze collegate ai servizi igienici con esposizione a mezzogiorno assumono un aspetto meraviglioso per chi l'osserva dai viali «pènsili» o dalla contrada «Madonna delll'Arco ».
Durante questi sette anni ho con puntualità informato i lettori sparsi in Italia e all'estero dell'andamento dei lavori per mezzo del Periodico, « Raggi di Carità », richiesto e spesso reclamato da tanti simpatizzanti. Molto attesa fin dal primo annunzio sul terzo numero dell'agosto 1975, la traslazione della Salma di don Donato.
La data non poteva non essere l'otto maggio, ricorrenza dell'apparizione sul Gargano, quasi cinque secoli fa, di S. Michele, l'Arcangelo delle rupi e delle montagne, venerato dai Longobardi memori del loro dio guerriero e dalle nostre popolazioni: è il giorno che ci ricorda i momenti più solenni della «Casa» secondo la volontà del suo Fondatore e il posto scelto è il più indicato: il braccio destro del transetto: là sarà come a custodia fra la « Casa» e la Chiesa di cui fu parroco per oltre cinquant'anni e che fece ricostruire, dopo il terremoto del Vulture, con pianta a croce latina.
Lo rividi nella modesta stanzetta della sua abitazione pochi mesi prima della sua dipartita, all'inizio del 1963.
Aveva 88 anni, curvo, debole, si muoveva appena, strisciando i piedi sul pavimento, ma l'occhio sveglio, il linguaggio scorrevole e i profondi ragionamenti mostravano la sua intatta lucidità mentale.
Dopo il saluto e le convenevoli frasi si passò subito ai problemi della « Casa ». Pensava ai termosifoni da installarvi e come quando pieno di energia s'infervorava allorché doveva tradurre in pratica un'idea, così allora concitato nel discorso, aggrottando le sopracciglia, fissava i presenti con sguardo penetrante. Tornava alla mia mente il don Donato, che irrequieto, accorreva in Piazza, al Castello, a S. Antonio, là dove c'era bisogno di aiuto, di conforto.
Dotato di fertile fantasia sapeva escogitare ogni mezzo per favorire la carità intesa come pratica costante. E, come per ispirazione, fa rivivere un rito antichissimo di vari millenni: la festa delle spighe in onore della dea Cèrere. Una processione riservata ai bambini incolonnati per due che portavano un manipolo di spighe, « lu màttele» e, i più grandicelli, «la gregna ». Dopo un breve percorso per le vie della zona, le spighe venivano accatastate· nell'immenso cortile ove le orfane, trasformate in battitrici, provvedevano a separare i chicchi di grano dalla paglia per guadagnare in questo modo il sudato tozzo di pane, anche se l'intera popolazione era sempre pronta a dare qualcosa al « questuante», soprattutto quando girava per le aie.
Il compianto Padre Nicola D'Amato ebbe l'idea della traslazione e per realizzarla ripose ogni speranza nella Pro Loco. Gli adempimenti erano numerosi e non facili. Inoltrai al Ministro della Sanità la pratica, allegando il «curriculum» dell'opera svolta da don Donato esaurientemente documentata dal nipote Rocco Cela, segretario della Pro Loco; il parere favorevole dell'ufficiale Sanitario, dott. Silvio Mele; del medico Provinciale e il nulla osta, in data 23 febbraio 1975 del Vescovo Ausiliare,Mons. Mario De Santis che « si rallegrava per la bella e attesissima iniziativa ». Il decreto che autorizzava la tumulazione privilegiata arrivò con sollecitudine.
L'Amministrazione Comunale, presieduta dal Sindaco, ing. Giovanni Russo, ha provveduto a finanziare la spesa dei marmi, il Presidente della « Casa deL Sacro Cuore» si è interessato dello scavo nella parete, il clero ha offerto la sua collaborazione: Don Domenico, quale parroco successore di don Donato fin dal 1963; don Luigi, sia ne!la qualità di parroco di Santo Andrea, sia come componente del direttivo della Pro Loco, don Michele Falcone, dinamico parroco della nostra chiesa Madre, l'amico prof. Padre Bernardino, Padre Michele, Guardiano del Convento di S. Antonio e Padre Gerardo.
Il voto di Mons. Renato Luisi, L'89° vescovo di Bovino, si avvera e possiamo ripetere, come durante le manifestazioni del passato, mentre i lavori della « Casa» procedevano secondo i piani prestabiliti, exsulltemus! Sant'Agata, rispettosa dei suoi figli benemeriti non più fra noi, esulta. Esultano le autorità civili e religiose, il nostro benamato Arcivescovo ed esultiamo noi considerando Padre D'Amato, definito Sant'Uomo, presente con lo spirito a conclusione d'un'opera che ha avuto ininterrottamente a cuore fino all'ultimo istante della sua vita, seguendola con trepida attenzione.
DISCORSO PER LA TRASLAZIONE DELLA SALMA DI DON DONATO
Stiamo vivendo una grande giornata: oggi, 8 maggio 1982 la Salma di don Donato Pagano, a sette anni dalla concessione del decreto del Ministero della Santità, viene traslata nella Chiesa di S. Angelo.
Per anticipare la risposta alla domanda che qualcuno potrebbe rivolgermi del perché del mio interessamento, affermo di aver sempre apprezzato don Donato che ha esercitato un fascino suo particolare su di me per la sua inesauribile attività: a questa spontanea mia disposizione si aggiunse l'invito inaspettato del prestigioso Padre Nicola D'Amato che si rivolse a me per realizzare la complessa pratica della traslazione ed ora eccoci all'avvenimento degno di far parte della meravigliosa epopea che i nostri genitori hanno vissuto, partecipando con cuore trepidante alla difficile realizzazione d'una grandiosa opera fra l'umano e il miracoloso.
La comparsa della forma di un cuore nella pietra spaccata in due, ora conservata all'ingresso, di fronte all'ascensore; il masso che cade dalla spalla di un manovale per effetto di una trave spezzata su di un'impalcatura al secondo piano e va a finire ai piedi di don Donato sfiorandolo, mentre si trovava nel cortile intento a dare delle indicazioni ad un mastro-muratore,l'operaio rimasto penzolante, aggrappato ad una trave, sospeso nel vuoto, viene salvato a stento da altri operai i quali avvicinano sollecitamente una scala. Sono gli esempi più eloquenti della sconfitta del male, i detrattori non poterono gioire, scongiurato il pericolo,
si ebbe la certezza della protezione divina. Intanto a causa della loro infermità, a distanza di pochi giorni dal ricovero, i primi vecchietti muoiono, nonostante le attente cure. I malevoli ne approfittano per diffondere notizie paradossali.
Il tragico e il grottesco sono più vicini di quanto si creda, basta poco per chi ride perché non spunti una lacrima o per chi piange non gli venga da ridere: il questuante, che aveva fatto della sua vita lo scopo essenziale di aiutare i vecchi, avrebbe costruito, secondo i perversi, una rnaestosa «Casa» per attirarli e risolvere in tale modo il problema degli anziani, sterminandoli, calunnia peggiore, e quindi più ridicola, non poteva essere propala ta!
La prova è superata, la «Casa» prospera, è un centro di risanamento lnorale intorno al quale si moodella la vita del paese, i ricoverati, la benedicono, si accolgono le orfanelle, si istituisce il laboratorio freequentato anche da esterne che vi si recano per il ricamo; l'asilo è un vero giardino.
Il fondatore si fa mendìco per assicurare il necessario ai ricoverati, va di abitazione in abitazione a chiedere qualcosa; da conoscitore del cuore umano sa come agire, è instancabile, provvede a tutto, non si concede riposo, gli amici sono pochi, il sindaco del tempo Francesco Barbato, il prof. Francesco De Carlo, lo incoraggiano a persistere nell'azione intrapresa.
S. Agata riceve un grande dono della sua opera ed oggi, con migliaia di persone, manifesta il suo affetto per tanto bene ed io, a nome della Pro Loco, debbo ringraziare gli Amministratori Comunali e il Sindaco, Ing. Giovanni Russo, per aver provveduto al rivestimento della tomba in pregiato granito rossoamaranto, all'ordinazione della banda paesana e, come sorpresa, alla corona di fiori, debbo ringraziare il Presidente della « Casa », Geom. Michele Perrone per la opera muraria, le associazioni del posto e delle varie parti d'Italia che sono intervenute; le rappresentanze dei circoli e delle scuole, il clero per la fattiva collaborazione, il prof. Carmelo Volpone, titolare di « Radio S. Agata e la sua équipe» tanto attiva, l'Onorevole Avv. Stefano Cavaliere, per aver saputo trovare il tempo nonostante gli impegni, ed essere oggi qui fra noi, ringrazio il Sacerdote, prof. Pierino Russo e l'avvocato prof. Francesco Saverio Cela, per il loro interessamento, dimostrato anche stando a Foggia ed ora qui presenti.
E' doveroso sottolineare altresì la presenza di Padre Peppino Leo, Padre Domenico Malgieri e Padre Paolo Fredella ed un ringraziamento particolare ai due religiosi dell' Africa Centrale con i quali ho potuto presto conversare in francese, unica lingua straniera
da loro conosciuta, l'uno è vescovo della Repubblica RWANDAISE, Monseigneur NTIHIYURW A THADDDEE B.P.S. CYANGUGJ, l'altro è Padre KALIBU-
SHI LAURENT, Diocesi di BUTARE, Repubblica RWANDAISE.
La Provvidenza ha disposto che i due Padri rogazionisti, indirizzati da Don Donato Pagano al Sacerdozio, si fossero trovati a Roma nella condizione di far partecipare i negri a questo evento a dimostrazione della universalità della nostra famiglia Cattolica.
Questa cerimonia non ha fine a sé, ma costituisce lo sprone ad imitare chi ha saputo dedicare la vita alle opere di bene.
Spiritualmente presenti sono tutti i nipoti anche quelli non più fra noi Rocco Cela, Filomena, Donato, Romolo.
Fino a qualche giorno fa le difficoltà della traslazione erano ancora insormontabili, sembrava che le forze avverse dovessero predominare, ma ad un tratto mi sento sollevato, ho la certezza che tutto è spianato, come se un essere invisibile, l'Arcangelo Michele, con la sua spada lucente, il mezzo materiale per la com prensione di noi mortali, avesse annientato ogni intralcio per rendere la marcia spedita e trionfale intorno alla Bara con le spoglie mortali di don Donato da tumulare nell'artistica tomba progettata dall'insigne architetto Gino Marchitelli, là proteggerà la « Casa» e
la Chiesa, l'iniziativa tanto attesa, vinti i tentennamenti, ha un epilogo addirittura celere; dopo i lunghi indugi si è andato ripetendo in questi giorni la frase «bisogna far presto», secondo lo stile dello stesso don Donato, efficacemente messo in risalto dal Provveditore Enzo Contillo in un suo recente articolo sulla pubblicazione « Itinerari Santagatesi».
Spiccano ora sulla Cassa, come simbolo della sua resurrezione, alcune copie del suo libro « Ricordi» e i numeri più significativi del suo giornale «Raggi di Carità ».
Un ringraziamento particolare debbo rivolgere a sua Ecc. l'arcivescovo Mons. Salvatore De Giorgi perché con la sua presenza ha reso più solenne la cerimonia, esprimo anche la gratitudine per aver immediatamente accettato di intervenire e la riconoscenza per la sua ferma decisione a non proporre differimenti alla data propostagli. Si accresce per l'amato Arcivescovo l'ammirazione che io ho manifestato quando nei vari incontri culturali a Foggia, sono stato presente ed a volte notato.
Esultiamo come ai tempi dell'affermazione della « Casa », esultiamo con il Vescovo Mons. Renato Luisi uno dei primi entusiasti della traslazione ed oggi non presente perché le condizioni di salute non glielo hanno permesso, consideriamo con noi il Vescovo Mons. Mario De Santis che si rallegrò per la bella iniziativa nel rilasciare il nulla osta alla traslazione, esultiamo con Padre D'Amato: ci pare di vederlo finalmente sodddisfatto perché la SUd grande aspirazione è stata realizzata secondo i suoi desideri più volte ripetuti prima della Sua dipartita.
Exsultemus in Victoria!